Covid management

Nel periodo di forzato lockdown che tutti abbiamo dovuto sperimentare in questi mesi difficili, molte persone hanno dichiarato di aver sentito l’esigenza di utilizzare il tempo a disposizione per migliorare l’organizzazione della propria casa: partendo da una stanza, hanno iniziato a separare l’essenziale dal superfluo e hanno poi riordinato, pulito e sistemato gli oggetti rimasti. Avendo constatato l’utilità di queste azioni, e la soddisfazione che ne consegue, hanno poi proceduto con il resto della casa, applicando, forse inconsapevolmente, la tecnica manageriale – di derivazione giapponese – delle cosiddette “5 S” (Seiri, Seiton, Seiso, Seiketsu, Shitsuke, che noi potremmo tradurre in Separare, Riordinare, Pulire, Sistemare, Diffondere).

In Azienda

Applicato agli ambienti aziendali, il metodo “5 S” prevede, in sintesi, questa procedura: individuata l’area (il reparto, l’ufficio, lo spazio, ecc.) da “liberare”, si separano gli oggetti che sembrano inutili (che di solito si confermano tali a una seconda analisi e quindi buttati) apponendovi dei cartellini rossi; si riordina bene quanto rimane; si pulisce tutto; si risistema il reparto (o appunto l’ufficio, ecc.), si stabiliscono le regole per mantenere questo ordine e diffonderlo a tutta l’area.
Dopo il primo giro, frequentemente emergono anche oggetti nascosti ed è richiesta perciò una seconda cernita.
Se l’operazione viene condotta nell’area produttiva, per esempio, si individuano classicamente pinze, cacciaviti, nastri adesivi, rottami vari utilizzati magari mesi prima per interventi di manutenzione e letteralmente abbandonati, utili solo a creare disordine e persino a intralciare il lavoro degli addetti, che si trovano a volte a doversi districare tra oggetti inservibili quanto ingombranti, eppure diventati presenza fissa del “paesaggio”. La stessa cosa si può dire per gli uffici: anche qui non è inconsueto imbattersi in oggetti del tutto inutili che rubano spazio e disturbano il lavoro.

UN CASO REALE

Mi è capitato, tempo fa, di tenere un corso sulle “5 S” in un’azienda di medie dimensioni delle valli lombarde che produce componentistica elettromeccanica.
Il corso si inseriva in un più ampio progetto di “Miglioramento Continuo” avviato dall’azienda; si svolgeva nel “classico” ambiente di una sala riunioni, alla presenza di una ventina di dipendenti tra operai, impiegati e tecnici, ed era suddiviso – come da tradizione – tra parte teorica e parte pratica, per una durata complessiva di 4 ore.
L’Ufficio Acquisti dei materiali di produzione, fermo per il corso, contiguo alla sala riunioni offriva un’ottima occasione per l’esercitazione pratica: ho chiesto pertanto agli “allievi” di applicare la tecnica delle 5 S nell’ufficio.

Al lavoro

Premesso che, mediamente, ogni azienda, un po’ come la maggior parte delle case, tende a non buttare niente (specie se in azienda è presente il fondatore, per definizione “nostalgico”), il nostro Ufficio Acquisti non faceva eccezione: ancorché piuttosto ampio, era saturo di mobili, sedie, attrezzature (un po’ effetto rigattiere) e mensole e scaffali sopportavano il peso di vere e proprie colonne di raccoglitori impolverati. Distribuiti i cartellini rossi da apporre a tutto ciò che sembrava inutile, si è passati alla verifica o meno dell’utilità degli oggetti individuati. Successivamente si sarebbe approfondita l’utilità o meno di questi oggetti.

Vintage

Una volta svuotati gli scaffali (le carte analizzate si sono rivelate del tutto obsolete) e messe da parte le sedie rotte e altre suppellettili del tutto inutili, restavano gli oggetti più ingombranti: due vecchie fotocopiatrici non funzionanti da anni – ma mai smaltite -, un vecchio fax (che probabilmente aveva ricevuto l’ultimo documento quando ancora circolavano le lire) e, soprattutto, uno strano marchingegno che solo un ultrasessantenne avrebbe saputo definire. Sto parlando del ciclostile, un vero e proprio pezzo di modernariato, usato fino ai primi anni ’80 del secolo scorso soprattutto – oltreché nelle aziende – negli oratori, nelle scuole e nelle sedi dei movimenti politici (anche quelli studenteschi) per riprodurre copie di una circolare o di un volantino.

In pratica, il ciclostile (detto anche duplicatore stencil) funzionava manualmente attraverso un rullo su cui si posava una matrice di cera scritta a macchina da cui, appunto, si riproducevano le copie.

Non trattandosi di un pezzo di valore, anche il ciclostile è stato adeguatamente classificato con cartellino rosso, nonostante, con il loro silenzio, gli operai mi avessero fatto capire che di smaltimento nemmeno a parlarne.

Follow up

A distanza di una settimana dal corso, sono tornato in azienda per un ulteriore modulo formativo; stessa aula, più o meno stesso uditorio. Durante il primo coffee break, alcuni dipendenti mi hanno mostrato con orgoglio il “nuovo” Ufficio Acquisti: ordinato, più spazioso, quasi più luminoso. Davvero un altro ambiente.

Sorprendentemente, era sparito anche il ciclostile. Mi è stato riferito che, per sbarazzarsene, il titolare dell’azienda aveva convocato una sorta di vero e proprio Consiglio di Amministrazione straordinario di famiglia. Non sappiamo se lo stencil sia finito in discarica, o ad arredare la casa del titolare. Ma sappiamo che, alla fine, le 5 S hanno avuto la meglio anche sul vecchio ciclostile e si sono rivelate un supporto per guadagnare in spazio e razionalità, beni molto più preziosi per l’attività dell’azienda. A dimostrazione che, con l’intervento di un consulente esterno in grado di innescare un reale cambiamento nella cultura aziendale grazie alle proprie competenze, ma anche alla visione più professionale e meno emotiva nei confronti dell’ambiente in cui sta operando, la tecnica delle 5S esprime al massimo la sua efficacia.

  E.

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