JUST IN TIME

Uno dei primi tentativi, in Italia, di utilizzo delle tecniche gestionali giapponesi sulle linee di produzione risale alla fine degli anni ’80: venne introdotto da qualche tecnico dopo aver visitato alcune fabbriche giapponesi e letto qualche libro sul “Just in Time”, l’insieme di tecniche industriali sviluppate in casa Toyota per ottimizzare la gestione di produzione, scorte e catena di fornitura. In sostanza, per ridurre i magazzini intermedi producendo i componenti per le linee di assemblaggio finale nella giusta quantità e nel momento corretto.

Per gestire i processi di “Just in Time”, evoluitisi poi in quelli che oggi conosciamo come processi di “Lean Manufacturing”, i giapponesi utilizzavano una tecnica tanto semplice quanto efficace: dei cartellini (Kan Ban, in lingua nipponica) apposti su ogni componente. Nel caso più semplice, ogni componente utilizzato “lasciava sul campo” un cartellino “orfano” che, tornando alla base, segnalava la necessità di produrre un nuovo pezzo dello stesso tipo. La cosa si faceva più complicata per le produzioni più ampie (a lotti, per esempio) e non di singoli componenti. Ma i giapponesi seppero gestire anche questa complessità.

KAN BAN ALL’ITALIANA

Il caso che vogliamo ricordare è quello dell’applicazione delle tecniche di Kan Ban nella fornitura di sedili per auto a una fabbrica automobilistica. Il fornitore di sedili era a un’ora di distanza dalla fabbrica, quindi in condizione ottimale per sopperire velocemente a eventuali errori che fossero stati commessi ai primi tentativi di procedere nel Kan Ban.

I sedili viaggiavano sempre in set completi; in ogni contenitore trovavano posto due sedili anteriori e un sedile posteriore, per evitare differenze anche minime nei colori, e ogni autocarro trasportava 36 set alla volta, cioè l’occorrente per 36 vetture: se fossimo riusciti ad applicare il Kan Ban, avremmo ridotto moltissimo il grande spazio necessario per tenere i sedili vicino alle linee di assemblaggio delle vetture.

Il furbetto del cartellino

All’inizio, il processo non funzionò immediatamente bene. Arrivavano le giuste quantità di sedili, ma non sempre i colori necessari. Probabilmente, andava definito meglio il numero di cartellini in circolo, per garantire i tempi di produzione e di trasporto dei sedili. Ma, fatto anche questo, c’era ancora qualche intoppo…

Una nuova visita al fornitore fu illuminante. Il fornitore, nonostante le chiare istruzioni, aveva deciso di interpretare “all’italiana” il metodo Kan Ban, e anziché produrre esattamente i sedili secondo i cartellini che arrivavano man mano, decise di raggruppare i cartellini per colore e per modello fino a raggiungere il numero a lui più comodo per produrre il lotto.

In pratica, non aveva cambiato nulla rispetto a quanto aveva sempre fatto! Avendo macchine che tagliavano più strati di tessuto contemporaneamente, aspettava di avere il numero di cartellini sufficienti per tagliare il massimo numero di strati di tessuto. Così facendo risparmiava qualche minuto di attrezzaggio, ma lasciava in attesa alcuni colori meno frequenti, anche per giorni.

Il gioco dei tre cartellini

Non fu facile scoprirlo, perché il fornitore voleva difendere il suo piccolo vantaggio e cercò di nascondere il “trucchetto” dei cartellini.

Ci spiegò come ricevesse i 36 cartellini che tornavano con ogni autocarro e come li usasse per avviare le produzioni: più che di fronte a un imprenditore, sembrava di stare davanti a quei folcloristici personaggi che, per strada, spesso ai mercati o nelle stazioni, gestiscono un banchetto per il gioco delle tre carte (in questo caso, potremmo dire dei cartellini: cartellino vince, cartellino perde…) 

Compreso finalmente cosa stesse succedendo al processo di fornitura, ribadimmo e spiegammo ancora più dettagliatamente quanto fosse importante applicare la procedura correttamente per realizzare davvero un Kan Ban efficace.

Per ridurre il tempo di attrezzaggio si modificarono quindi le attrezzature di taglio, rendendo così più flessibile la fabbrica dei sedili.

Flessibilità e efficienza

La vicenda dimostra come il Kan Ban ancora oggi possa incontrare difficoltà quando si trova a dover scalfire delle rigidità: per far sì che questa tecnica possa davvero raggiungere i migliori obiettivi, occorre flessibilità, e cioè produzioni flessibili che possano soddisfare richieste variabili.

Di qui lo sviluppo delle tecniche di riduzione dei tempi di set up e il passaggio dalle produzioni a lotto a quelle a pezzo singolo. Sembrano meno efficienti, ma sono fondamentali per rendere invece efficiente il flusso di tutta la catena produttiva, che è quello che conta per il cliente finale.

E.

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